Psicologia e gironi della morte: in grave aumento casi di suicidio e femminicidio. Ecco quello che i dati non dicono…
La situazione straordinaria che stiamo vivendo a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, ha implicazioni su diversi piani. Una cosa è certa: nulla sarà più come prima.
Anche se forse è presto per affermare con certezza quale direzione prenderà, il cambiamento è in atto sul piano sanitario, politico, economico, sociale ma anche sul piano personale e individuale. In tal senso, recenti sondaggi indicano che i livelli di stress, ansia e incertezza per il futuro e paura (ben diversa dal panico!), rappresentano una preoccupazione centrale nella vita degli italiani in questi giorni.
In questo periodo, un tema che riemerge nella nostra quotidianità è quello della morte. In tal senso, alla data dell’8 aprile 2020, il dato riportato dalla protezione civile sui decessi dovuti al Coronavirus è di 17.669 morti.
Una precisazione doverosa è che questo numero comprende i decessi “primari” ossia coloro che hanno perso la vita per aver contratto il virus, e il numero di morti “secondari” che comprende le morti per contagio da parte del personale sanitario. Mentre nel primo caso influiscono maggiormente fattori di tipo epidemiologico, nel caso delle morti secondarie, è necessario considerare anche altri fattori come ad esempio il grado di sicurezza raggiunto negli ospedali o altri. Il caso però del suicidio di Thomas Shäfer, ministro delle finanze in Assia, (ri)accende i riflettori su un tema importante. È il primo suicidio correlabile al Coronavirus. Il primo.
In questo caso, si potrebbe parlare di morti “prossimali” o “consequenziali”.
E questo è un dato che spaventa.
Le conseguenze del Covid-19: suicidi e femminicidi
Il dato delle morti prossimali o consequenziali dovrebbe cominciare ad essere considerato un indice di cui tenere conto e correlato a fenomeni rilevanti come il periodo che, non solo l’Italia, ma tutto il mondo, sta attraversando. Dopo Shäfer, si legge di un 25enne a Milano che si è tolto la vita dopo essersi visto mettere in cassa integrazione, o ancora, il caso di un’infermiera di Jesolo di 49 anni e una di Monza di 34 anni che avevano contratto il virus.
Oltre che per i lavoratori, visti anche i trascorsi del Veneto, si teme per gli imprenditori. Reduci delle crisi del 2008 e del 2012, le Istituzioni e gli Ordini professionali, saranno i primi a doversi mobilitare per prevenire eventuali derive. Alcuni sono già sull’attenti.
È del 2 aprile la lettera di Francesco D’Alessandro, segretario di Feditalimprese Piemonte indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte sul tema.
Altro dato inquietante riconducibile alle restrizioni dovute al virus, è l’aumento dei femminicidi, altro numero che potrebbe sommarsi alle morti prossimali. Come il caso di Lorena Quaranta uccisa a Messina dal Compagno che l’accusava di avergli trasmesso il virus.
La precisione e l’equilibrio per gli Egizi erano rappresentati con l’immagine di una piuma che fungeva da peso sul piatto della bilancia per definire il peso delle anime. Questa immagine delicata e antica, per contrasto, sottolinea quanto gli equilibri interni e contestuali invece siano stati stravolti per la persona e per la società dalla pandemia: in questa situazione, alcuni fenomeni si attenuano altri vengono esasperati fino a sfociare, nei casi più estremi, in veri e propri episodi di rivolta e protesta. Tenere quindi conto di questi fattori diventa essenziale e prioritario, ma anche utile, per mettere in atto misure di prevenzione e sostegno altruistiche e anticipatorie.
Le conseguenze del Covid-19: l’aiuto della tecnologia e della Psicologia
In quella che è la prima emergenza mondiale ai tempi dell’informazione digitale (e l’ultima che affronteremo contemporaneamente con una cultura analogica), possiamo contare su tecnologie avanzate che aiutano la scienza medica, sociale e psicologica.
Ora – com’era prevedibile – la solidarietà di queste settimane è messa a dura prova dal lungo periodo di quarantena che espone la popolazione ad un sentimento radicato: l’aggressività. Un sentimento che difficilmente incontra limiti fissi. Il solo affermare che l’aggressività è difficilmente controllabile, legittima di per sé il limite che deve essere posto come invalicabile a livello sociale. Non lascerei alla scienza medica la responsabilità esclusiva di trovare una “cura” (che è ben diverso da una “soluzione”).
Il cambiamento – si spera positivo e adattivo – intrinseco che tanto speriamo avvenga nelle persone, si afferma in modo efficace con la coesistenza di due condizioni: quando è personale e quando è intrinsecamente desiderato.
Su questi temi è la psicologia (e non solo!) a dover giocare la sua partita in prima linea.
Giornalista, Psicologa ed Event Manager