Nuova puntata de L’Angolo della Giustizia con l’Avvocato Ida Grimaldi che oggi affronta il tema della successioni ereditarie
La perdita di una persona cara è un evento che ci coglie sempre impreparati. In un contesto di vuoto interiore, ci si vede costretti a prendere decisioni di estrema importanza. Chi sopravvive, infatti, deve affrontare e gestire un cambiamento, spesso radicale e complesso, in un contesto fortemente emotivo. Le scelte che il superstite deve compiere sono molteplici: come individuare tutte le componenti del patrimonio caduto in successione? Come gestirle? Si tratta di domande alle quali non è sempre facile dare risposta; proviamo, dunque, a fare chiarezza.
Successioni ereditarie: alcune precisazioni “burocratiche”
Si parte dal presupposto che la successione “si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto” (art. 456 c.c.): ciò significa che, nel momento stesso della morte, ha inizio l’iter burocratico che i chiamati all’eredità devono compiere per poter entrare in possesso dei vari beni del defunto. E’ importante precisare che, per poter correttamente individuare il momento della morte, si è stabilito che essa coincide sempre con la scomparsa delle funzioni vitali del soggetto. Per dimostrare l’avvenuto decesso è necessario munirsi di un certificato di morte, documento necessario per poter procedere con l’iter burocratico relativo alla successione, che inizia con la dichiarazione di successione.
La dichiarazione di successione è il documento con il quale gli eredi danno inizio all’iter di passaggio di proprietà dell’eredità dalla sfera economica del defunto alla propria. Senza questo passaggio non è possibile definire la successione. Detta dichiarazione dev’essere presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, tramite modalità telematica che si trova sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Si precisa che, anche se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione, è sufficiente presentarne una sola, mentre sono esentati dalla presentazione il coniuge, i figli, i genitori e gli altri parenti in linea retta quando l’asse ereditario non supera € 100.000,00 e non comprende beni immobili.
Per detta dichiarazione, potrebbe essere utile e/o richiesto di essere muniti anche di dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio o di atto notorio, per lo più quando la dichiarazione viene presentata ai fini della riscossione di benefici economici (contributi, pensioni, rimborsi, ecc…). Inoltre, quando nell’eredità ci sono immobili, è necessario provare che appartenevano effettivamente al defunto (ad esempio, tramite la produzione di relativa documentazione, atto pubblico, ecc..).
Sulla base delle risultanze di detta dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate liquiderà l’imposta di successione, ossia una tassa che le persone che ricevono in eredità un patrimonio devono pagare quando esso sia di un certo valore (sia esso diritto reale, beni mobili o immobili). L’imposta di successione prevede tre aliquote distinte, a seconda del grado di parentela degli eredi (ad esempio, parenti stretti come coniuge e figli devono pagare la tassa di successione solo per la parte di patrimonio che eccede la franchigia di un milione di euro); tale franchigia scende man mano che il vincolo parentale diventa sempre più debole, mentre aumenta a un milione e mezzo di euro in caso di soggetti portatori di handicap). L’erede dovrà versare la somma dovuta entro 60 giorni dalla data di notifica dell’atto di liquidazione, mediante apposito modello F24 (l’imposta può essere rateizzata).
Altra incombenza burocratica, cui sono sottoposti gli eredi, è la presentazione del Modello Unico Persone Fisiche, ossia della dichiarazione dei redditi del defunto per l’anno in cui è avvenuta la morte, anche se il de cuius non era tenuto alla presentazione dell’Unico.
E’ bene altresì ricordare che, quando si apre la successione, i conti correnti bancari o postali del defunto vengono congelati fino alla chiusura della successione stessa. Una volta avuta la notizia della morte del titolare, la banca o l’intermediario blocca la possibilità di prelievi anche per gli eredi titolari di una cointestazione del conto. I soldi quindi si possono versare, ma non ritirare.
Ancora, se il defunto era pensionato, è obbligatorio comunicare la sua scomparsa all’ente che erogava la pensione, in quanto costituisce reato continuare a percepire la pensione del defunto. Inoltre, è possibile in tale sede, per l’erede, presentare domanda di pensione in favore del superstite (può trattarsi di pensione indiretta, se il decesso avviene prima del pensionamento, di pensione di reversibilità se l’assicurato muore dopo essere andato in pensione). I superstiti che hanno diritto alla pensione sono il coniuge e i figli.
Da ultimo, è bene ricordare di provvedere alla voltura, al subentro o al cambio di intestazione delle utenze già intestate al defunto.
Successioni ereditarie: gli aspetti giuridici
Fatte queste dovute precisazioni “burocratiche”, è utile, altresì, chiarire alcuni concetti giuridici, sui diversi tipi di successioni di fronte alle quali ci si può trovare.
Da un lato, vi è la successione legittima: si tratta della successione che avviene in mancanza di testamento, ovvero ove il defunto non abbia espresso alcuna indicazione legalmente valida sulla distribuzione dei suoi beni. In tal caso, la designazione degli eredi avviene in forza della legge: l’eredità viene quindi trasferita al coniuge (marito o moglie), ai discendenti (figli) o, in mancanza di entrambi, agli ascendenti legittimi (genitori naturali o adottivi) e ai collaterali (fratelli) e infine agli altri eventuali parenti fino al sesto grado. Se un erede muore durante la fase della successione, gli subentrano i suoi eredi, per la parte che gli sarebbe spettata.
Dall’altro lato vi è poi la successione testamentaria: il testamento è “l’atto revocabile con cui un soggetto (il testatore) dispone delle proprie sostanze o di una parte di esse ovvero lascia disposizioni di carattere non patrimoniale per il tempo in cui avrà cessato di vivere”. Revocabilità significa che il testatore, in ogni momento, può cambiare idea e modificare il testamento predisposto o predisporne uno nuovo; il momento in cui il testamento diventa irrevocabile è proprio il momento della morte. Le forme di testamento ammesse dal nostro ordinamento sono tre: il testamento olografo, ossia un foglio scritto di pugno dal testatore, munito di data (luogo, giorno, mese, anno) e sottoscritto (firmato); il testamento pubblico, un atto ricevuto da Notaio alla presenza di due testimoni; il testamento segreto, il quale è un tipo di testamento pubblico che viene redatto dal testatore o persona diversa, ma che deve essere consegnato al notaio dal testatore in persona in presenza di due testimoni, in busta chiusa e sigillata, la cui pubblicazione avviene dopo la morte del de cuius. Il testamento, in qualsiasi forma sia redatto, è valido anche quando non è conosciuto al momento dell’apertura della successione ma deve essere reso noto in fase di successione perché possa avere rilevanza: chiunque sia in possesso di un testamento olografo deve, dunque, presentarlo ad un notaio per la pubblicazione, non appena abbia notizia della morte del de cuius. Ovviamente, se nessuno è a conoscenza dell’esistenza di un testamento, si procede con la successione legittima.
E’ importante sapere che nella successione testamentaria una parte dei beni (quota disponibile) può essere destinata dal testatore secondo la sua volontà, mentre di una parte (quota di legittima) non si può liberamente disporre, in quanto la legge prevede che essa sia necessariamente destinata ai “legittimari”, ovvero quelle persone alle quali non si può evitare di lasciare parte dei propri beni dopo la morte e, nello specifico: il coniuge (o il partner dell’unione civile), i figli, gli ascendenti legittimi (i genitori, anche adottivi). Se le disposizioni contenute nel testamento ledono i diritti dei legittimari, vi è la c.d. lesione di legittima. In tal caso, detti legittimari che non accettino la volontà del defunto si possono opporre al testamento mediante l’azione di riduzione, ovvero l’azione giudiziale con la quale i soggetti che si ritengono lesi chiedono al Giudice la reintegra della quota legittima violata dal testamento (o da donazioni effettuate in vita dal de cuius).
Può dunque succedere che, nonostante tutta la regolamentazione prevista per legge, le famiglie litighino in punto di eredità; in tal caso le azioni esperibili sono: l’azione di collazione (obbligo degli eredi di restituire alla massa ereditaria le donazioni ricevute in vita dal defunto), l’azione di petizione (possibilità per gli eredi di chiedere a chiunque sia in possesso di beni ereditari di restituirli alla massa), l’azione di restituzione (qualora i convenuti dell’azione di riduzione abbiano già venduto i beni a terzi) e, infine, l’impugnazione del testamento (non è una lite fra eredi, ma l’azione di un erede che non vuole accettare le disposizioni testamentarie del de cuius, poiché nulle o annullabili).
Si precisa che, secondo la legge, per poter diventare erede a tutti gli effetti è necessario procedere all’accettazione di eredità (art. 459 c.c.), che è proprio l’atto con cui il chiamato all’eredità esercita il suo diritto sui beni del defunto e, quindi, eredita. Essa può essere tacita od espressa ed ha effetto fin dal momento della morte del de cuius. Ciò comporta la confusione tra il patrimonio del defunto e quello personale dell’erede, i quali diventano “una cosa sola”.
Può accadere, tuttavia, che l’eredità non sia sempre un “regalo gradito”: si tratta del caso in cui il compendio ereditario risulti al passivo e quindi comprenda debiti lasciati dal defunto in misura superiore ai crediti. In tal caso, se l’eredità venisse accettata, il patrimonio del defunto e quello dell’erede diventerebbero una cosa sola, così i creditori del defunto potrebbero rivalersi anche sul patrimonio personale dell’erede. E’ conveniente, in casi simili, rinunciare all’eredità: con questo atto il chiamato all’eredità dichiara di non volere accettare l’eredità e, di conseguenza, le quote di eredità del rinunciatario vengono devolute agli altri soggetti che ne hanno diritto. In caso non si sia a conoscenza della massa ereditaria e si tema vi possano essere debiti che superino l’asse ereditario, si può optare per l’accettazione con beneficio di inventario; essa permette di mantenere il patrimonio dell’erede e quello del defunto divisiti tra loro, di modo che si possano limitare gli eventuali danni economici di una successione contenente più debiti che crediti.
Si precisa infine che, laddove il testatore tema che le sue ultime volontà non vengano rispettate, egli ha la possibilità di nominare un esecutore testamentario, ossia un soggetto terzo con il compito di verificare che vengano eseguite le disposizioni testamentarie.
Avvocato cassazionista con studio professionale a Vicenza e Roma, rappresentante istituzionale dell’avvocatura italiana, è fra le maggiori esperte nazionali delle problematiche relative al diritto di famiglia e alla tutela dei minori, nel cui ambito opera da 25 anni.
Particolarmente impegnata sul fronte della promozione delle pari opportunità e contro la violenza sulle donne, già Coordinatrice per il Veneto dell’Osservatorio Nazionale del Diritto di Famiglia e dei Minori istituito dall’AIGA Nazionale, docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione in materia di diritto di famiglia, contrattualistica e previdenza forense.
Autrice e curatrice di diverse pubblicazioni giuridiche per le principali Case Editrici.